Il testo dell’intervento effettuato da Gianluigi Placella, Presidente della Sezione Anpi 7 Martiri di Venezia, in occasione del dibattito “Le ragioni del No: oltre gli slogan”, organizzato sabato 1 ottobre dal Comitato metropolitano per il No in Piazzetta Pellicani a Mestre:
Stasera, forse, qualcuno o molti avrebbero preferito il confronto.
Io al riguardo dico due cose.
La prima: c’è una tale sproporzione tra gli spazi comunicativi di cui gode sui media lo schieramento del SI’ rispetto a quello del NO, che in questi ultimi due mesi bisogna sfruttare tutte le occasioni per esporre i nostri argomenti.
La seconda cosa è che si può argomentare con i dati più oggettivi, ma chi ha già deciso da che parte stare, non li prenderà in considerazione.
Pertanto credo che l’obiettivo, il target delle nostre comunicazioni, deve essere quel gran numero di cittadini che, o perché sfiduciati o perché confusi, non hanno ancora deciso.
Noi dell’Anpi, peraltro, vediamo in questo referendum l’occasione per riprenderci la nostra dignità di cittadini che non vogliono essere sudditi di stati stranieri, europei e non, come pure della finanza internazionale.
Il voto sarà un momento in cui potremo rimarcare il rispetto dovuto ai componenti della società che la Costituzione vuole sovrani.
Lo stesso Presidente Mattarella, qualche giorno fa, citando le interconnesioni pur inevitabili tra Stati ed interessi economici del mondo odierno, ha scandito parole chiare dicendo: “Naturalmente questa considerazione non muta in nulla il fatto che la sovranità sia demandata agli elettori».
L’Anpi, stasera, quindi, intende rivolgersi a chi si avvicina alla scelta, al quesito, senza una fede precostituita, senza un interesse personale o di categoria da far difendere al governo di turno, perché è molto evidente che, quanti dalla situazione attuale traggono vantaggi (la Salini Impregilo che si vede prospettare la costruzione del ponte di Messina?), non gradiscono l’eventualità di un cambio di rotta.
Ecco allora che, difendere la Costituzione da una trasformazione così radicale, significa difendere il diritto in generale e non l’interesse particolare.
Certo, ci si può far notare che attiene all’interesse generale anche non rischiare l’incognita di un nuovo governo, ma, noi del NO, non vogliamo essere accusati di ostacolare il nuovo e quindi difendiamo più volentieri la Costituzione, perché questa garantisce ancora una repubblica parlamentare e, quindi, ci tranquillizza sul futuro di governo in Italia.
Non neghiamo che dietro alle ragioni del SI’, dietro a questi cambiamenti della Costituzione, ci sia un progetto, ritenuto coerente, di una armonizzazione delle istanze locali con le attività di governo ed il contemporaneo risultato di una riduzione dei costi e di una sempificazione procedurale.
Chi come noi sostiene il NO, vede un’altro progetto. Oppure delle altre conseguenze, dato che la combinazione di queste modifiche, crea difficoltà interpretative e riduzione della sovranità popolare che prevedono che l’esecutivo sbrogli con autorità tali situazioni; e dall’autorità all’autoritarismo il passo è breve. Invece una Costituzione che deve valere anche per il domani, non può lasciare sul campo questa preoccupazione o creare spazi dove, quei malintenzionati che oggi non vediamo, possano infiltrarsi. Si dice che non vengono toccati pesi e contrappesi, che non si riduce la democrazia, ma il nuovo art. 64 che prevede che lo statuto delle opposizioni della Camera sarà delegato alla Camera, cioè dalla maggioranza, sembra la prova del contrario.
Gli argomenti che vogliono convincere a votare Sì sono tanti: la palude dell’immobilismo, l’ingovernabilità, le preoccupazioni degli investitori, l’economia, la destra che incalza, la velocità della società moderna. Ci sentiamo dire: Siamo nel 2016! L’Italia e il mondo non sono quelli di settant’anni fa!
Ma l’America è forse ancora quella del 1787, quando si diede la sua Costituzione?
Allora che argomento è?
Io dico con l’Anpi, che nessuno di questi è un motivo sufficiente per subordinare, a loro, le sorti della nostra Costituzione.
Consideriamo perciò incomprensibile e gravemente irresponsabile, la posizione di tanti sostenitori del SI’ che, mentre elencano i difetti di questa legge, dichiarano che la voteranno perché è meglio di niente! Una dichiarazione di finto buon senso veramente pericolosa.
E’ proprio la robustezza di questa Costituzione che, invece ci ha difeso dagli assalti dell’eversione nera, rossa e consociata.
E’ proprio lei che ci ha salvato dai tentativi di stravolgimento di Berlusconi.
Ricordiamo a tutti che, anche allora, l’ANPI scese in campo a fianco dei partiti democratici contro quel progetto e nessuno obiettò che ciò non le competesse.
La nostra è una Costituzione in grado di difenderci da guerre e da assalti della criminalità organizzata se solo ci si decidesse ad applicarla in pieno, invece di volerla periodicamente cambiare per necessità contingenti e strategie di parte che niente hanno a che fare con gli interessi della comunità.
Trattarla perciò come merce di scambio per le dinamiche di governo o peggio ancora per le beghe di partito significa restare dalla parte dei pochi e non del popolo sovrano.
Questo già accadde nel 2001, si tentò nel 2006 e si tenta ancora oggi.
Quando parlo di interessi di parte, mi riferisco anche all’intrecciarsi della sua sorte con la legge elettorale Italicum; questo legame viene certificato oggi dalla decisione della Corte Costituzionale di rinviarne il giudizio di legittimità a dopo il pronunciamento popolare sulla legge di modifica della Costituzione.
Questa idea dello scambio nel sostegno alle due leggi, se vogliamo presupporre la buona fede, è assurda ed inutile: infatti i difetti della cosiddetta riforma costituzionale sono tanti, indipendentemente dagli aggravi che l’Italicum produce.
Modificare l’Italicum non correggerebbe le stranezze, le insufficienze, i pericoli contenuti nella prima.
Peggio ancora se lo scambio presuppone un disegno utilitaristico: in questo caso dimostra scarsa sensibilità verso la comunità: infatti si antepongono le ragioni di equilibrio di partito alle ragioni di equità su cui la Costituzione, che vale per tutti, è fondata.
Senza contare poi che, questo agitarsi da più parti per la modifica dell’Italicum, è, a ben vedere, le sconfessione di una linea: la legge “ottima”, la legge da votare al buio senza necessità di approfondimenti o discussione, la legge da votare senza emendamenti, viene improvvisamente riconosciuta inadatta e da trasformare.
Se aggiungiamo il fatto che essa è stata approvata col voto di fiducia, la spigliatezza di questo cambio di posizione dà da pensare (ma magari per molti è un segnale di grande capacità politica).
Rifacendoci al caso in questione, questa inversione ad “U” ci preoccupa; il voto di fiducia significa infatti: lasciamo perdere le discussioni tra favorevoli e contrari, fidatevi, è una legge “ottima” anche per il futuro, al punto che è applicabile fra 14 mesi.
Oggi allora ci domandiamo: che cosa resta di quel voto dato al buio se, fatta finalmente luce su quel buio, si vede che la legge non era affatto “ottima” ed intoccabile?
E la fiducia, era forse mal riposta?
Cosa resta dei mesi di lavoro che hanno sequestrato le attività dei parlamentari distolti da altri gravissimi problemi come l’economia, le migrazioni, le guerre, le missioni di pace e di consulenza militare? Una domanda che richiama l’accusa del ministro, a chi è intenzionato a votare NO, di fare offesa al parlamento per il fatto che si azzerano due anni di lavori.
Pensare che l’Anpi sia contro il governo è una deduzione errata che deriva dalla impostazione personalistica data all’inizio di questa campagna dal Presidente del Consiglio sostenuta dall’allarmismo a comando di troppi mezzi di informazione, con la paura indotta della paralisi, in caso di vittoria del NO e agitando lo spettro di un governo a guida Salvini o Grillo.
Ma pensiamoci un momento: questa preoccupazione avrebbe fondamento in una repubblica presidenziale, non nel nostro sistema che prevede una repubblica parlamentare; infatti da noi, secondo la solita, buona, vecchia Costituzione, finché il governo mantiene la fiducia del Parlamento, continua il suo lavoro. E’ il Parlamento la garanzia della rappresentanza della volontà del cittadino, più che il primo ministro incaricato a tempo.
Un altro motivo di preoccupazione di questa forzatura allarmistica è che adombra un’idea del Parlamento subalterno all’esecutivo.
Allo stesso genere di forzatura appartengono i sorprendenti annunci inerenti ad un’espansione del terrorismo dell’Isis che approfitterebbe della debolezza che deriva ai governi da questa forma Costituzionale; oppure il sensazionalismo di prospettare impennate del Pil per effetto di questa accelerazione riformista.
Oggi, finalmente, questa impostazione è stata saggiamente modificata dallo stesso primo ministro togliendo così sostanza ad una polemica artificiosa e richiamando le discussioni al merito della cosiddetta riforma.
Veniamo perciò a parlare del merito che, per i sostenitori del SI’, significa sostanzialmente che abbiamo l’opportunità di cambiare il Paese. Un enorme cambiamento è vero, ma in quale direzione ?
Noi vediamo, chiara, la direzione indicata da un condannato in primo grado per corruzione ed imputato in altri quattro processi, Verdini, che poi, è come dire Berlusconi, pregiudicato per frode fiscale, reato gravissimo contro lo Stato; che è come dire dell’Utri, pregiudicato per concorso esterno in associazione mafiosa che con lui condivideva gli interessi della mafia siciliana.
Per quanto si voglia essere pragmatici o ammiratori del cinismo da machiavelli, o finanche della ragion di Stato, di sicuro non si può riconoscere, in tali figure, il profilo ideale di un Padre Costituente.
Concedetemi di fare ancora un richiamo a due questioni fondamentali.
1. Il Parlamento che ha approvato il testo che modifica un terzo della Costituzione, è falsato nella sua rappresentatività, dai meccanismi premianti di una legge elettorale dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale; questa si è peraltro premurata di indicare le priorità che, per una Camera dai poteri in tal modo sminuiti, dovevano essere essenzialmente la realizzazione di una nuova legge elettorale e di provvedimenti necessari alle scadenze di ordinaria amministrazione.
2. La maggior parte dei parlamentari che hanno approvato questa cosiddetta riforma è stata scelta dagli elettori sulla base di un impegno del loro segretario di allora, Pierluigi Bersani a rafforzare le procedure di modifiche della Costituzione nel senso di renderle possibili solo con la maggioranza qualificata dei due terzi; a quel voto doveva comunque seguire conferma popolare col referendum.
Le parole dell’allora segretario erano chiare ed impegnative. E’ interessante leggerle:
“Occorre certamente difendere la Costituzione da incursioni “di parte”, (come voi dite). Pertanto credo anche io che occorra elevare in misura assai considerevole la maggioranza necessaria per l’approvazione parlamentare delle leggi di revisione e soprattutto che sia opportuno riconoscere ai cittadini il potere di richiedere in ogni caso il referendum confermativo.[…]
Non c’è per me alcuna possibilità di differenziare la Prima dalla Seconda parte della Costituzione. La Seconda parte non è che la esplicitazione dei valori contenuti nella prima ed è evidente che attraverso la manipolazione della Seconda parte si possono ledere i valori fondamentali espressi dalla Prima.
I nostri gruppi parlamentari e il governo si muoveranno in questa direzione con appositi progetti di legge. Voglio solo aggiungere che le mie opinioni sulla materia (che mi avete cortesemente sottoposto) non sono frutto di estemporanee valutazioni, ma di riflessioni che complessivamente appartengono alla elaborazione del Partito Democratico e dei suoi organismi.”
Parole che l’Anpi condivide ancora oggi.
Ma è del tutto evidente, allora, che la maggior parte di quegli eletti si sono prestati ad un progetto completamente opposto.
Ricordiamo che non è una coincidenza che, il padrino di questa legge, il senatore Napolitano, 3 anni fa era il sostenitore dello stravolgimento dell’articolo 138.
Anche in quei tormentati passaggi, tanti parlamentari eletti per difendere quell’articolo, non si opposero.
In conclusione, il 4 dicembre ci troveremo per l’ennesima volta a votare al buio, sulla fiducia, visto che molti passaggi non sono normati.
Ma se permettete, fiducia per fiducia, noi continueremo ad averne ancora molta di più nella statura e nel senso dello Stato dei nostri veri, grandi, padri costituenti.
Un ultimo argomento.
Abbiamo accettato per 10 anni di servirci di una legge elettorale che lo stesso ideatore ha definito una porcata per cui da allora ha preso il nome di Porcellum.
Un maestro del pensiero locale ha definito questa riforma costituzionale una “puttanata”.
Lascio a voi pensare, nel caso della vittoria del Sì, come da quel giorno in poi potrà essere denominata la nostra Costituzione.
Basterebbe solo questo sfregio al sangue dei partigiani morti per convincere tutti a votare NO.