Camillo Berneri, martire anarchico

Fin dall’inizio della guerra civile spagnola il contrasto delle forze antifasciste europee che andavano sperimentando sul quel campo di battaglia la loro incapacità di unirsi per prevenire l’aggressione ormai incombente, condizionò ed esasperò gli animi delle forze politiche in campo repubblicano. Se dietro il generale Franco vi era l’Asse Roma-Berlino, dietro la repubblica si registrava lo sbandamento delle democrazie occidentali, riluttanti a stringere quell’alleanza con l’Unione Sovietica che avrebbe potuto scongiurare la guerra.
Il non intervento che, nelle intenzioni di Londra e di Parigi, avrebbe impedito il degenerare del conflitto in campo internazionale, finiva invece per consegnare il governo repubblicano nelle mani dell’unica potenza che, pur con tutte le cautele del caso e sulla base di pesanti condizioni, era disposta a controbilanciare le forniture d’armi che dall’Italia e dalla Germania pervenivano a Franco. Ciò finì inevitabilmente per plasmare il fronte popolare sullo stampo comunista.
Erano passati, infatti, appena nove mesi dall’inizio della guerra civile spagnola, quando i contrasti politici esistenti in campo repubblicano sfociarono in scontro aperto in molte località della Spagna.

La posta in gioco era altissima: si trattava di difendere la sopravvivenza delle milizie rivoluzionarie e delle esperienze di socializzazione economica. Da un lato c’era il Governo repubblicano di Largo Caballero egemonizzato dai comunisti, dall’altro stavano gli anarchici e i poumisti, convinti che la guerra sarebbe stata vinta solo trasformando il conflitto in rivoluzione sociale e sottraendo la guida degli avvenimenti agli agenti di Mosca.
La situazione era dunque grave e densa di pericoli. Agenti segreti di Stalin e dirigenti della Terza Internazionale avevano iniziato da tempo e con sistematicità l’occupazione dei posti chiave del Governo centrale, nella polizia e nell’esercito. Stalin aveva dato l’incarico a Yagoda, capo della Gpu, di organizzare in Spagna una polizia segreta simile in tutto e per tutto a quella sovietica. Questi, il 14 settembre del 1936 convocò una riunione alla Lubianka con i suoi più fedeli collaboratori, tra i quali ricordiamo Frinovski, capo delle forze militari della Gpu, Sloutzki, responsabile della sezione esteri della Gpu e il generale Ouritski dello stato maggiore dell’esercito. Orlov fu incaricato di installare in Spagna la sezione della Gpu. Il generale Walter G. Krivitsky fu nominato responsabile degli invii dall’estero delle armi alla Spagna.
Nel dicembre del 1936 erano state ricostituite tutte le forze di polizia precedentemente sciolte: la Guardia d’assalto, la Guardia civile, che divenne poi Guardia nazionale repubblicana, i Carabinieri (polizia di frontiera).
A Barcellona, che era il centro dell’attività rivoluzionaria, divenne capo della polizia Rodrigo Sala del Psuc, mentre Ayguader fu nominato consigliere della Sicurezza.

Ma ben più gravi segnali vi erano stati nei mesi precedenti. Anche in Spagna, come in Urss, era iniziata la caccia all’eretico, al socialfascista, al trotzkista. Le purghe staliniane che in Urss dopo la morte di Kirov raggiungevano chiunque fosse sospettato di opporsi a Stalin, in Spagna si traducevano nella scomparsa di dirigenti e militanti delle altre forze politiche, nella polemica più aspra nei confronti degli anarchici e dei poumisti nella falsificazione dei fatti, nell’isolamento politico e organizzativo delle milizie dei volontari.
Il 28 novembre del 1936 il Console Generale Sovietico a Barcellona, Vladimir Antonov Ovscenko [1] con una nota alla stampa denunciava la Batalla, organo ufficiale del Poum (il partito di unità marxista), come facente parte della stampa venduta al fascismo internazionale. Il 17 dicembre la Pravda scriveva: “In Catalogna è cominciato il ripulisti degli elementi trotzkisti e anarco-sindacalisti, quest’opera sarà condotta come nell’Urss” Il 18 dello stesso mese infatti si insediava un nuovo governo della Generalidad senza la presenza dei rappresentanti del Poum.
Lo stesso Palmiro Togliatti, sul quale ritorneremo, nel mese di novembre del 1936 aveva d’altra parte scritto su Stato Operaio, un articolo nel quale collegava la fortuna del movimento anarchico spagnolo con le “sopravvivenze feudali” e giudicava le organizzazioni anarco-sindacaliste come un ostacolo allo “spirito di organizzazione e disciplina che sono proprie del proletariato”.
Poiché il rifornimento delle armi proveniva principalmente dall’Urss, grazie alla riserva aurea della Banca di Spagna, il Pce e i suoi alleati divennero in breve tempo gli arbitri della situazione militare. Le milizie, composte da volontari accorsi da oltre 50 paesi, furono così deliberatamente lasciate prive di armi di fronte al nemico e invitate ad autosciogliersi. Con decreto del 31 dicembre 1936 fu inoltre stabilito che la paga dei combattenti fosse distribuita ai soli battaglioni dell’esercito regolare.
A tale disegno egemonico la potente Fai – Cnt, forte di oltre 500.000 aderenti, non seppe opporsi in modo coerente e risoluto. Preoccupati di non lacerare ulteriormente il fronte repubblicano, nella speranza che i fatti potessero poi volgersi a loro favore, gli anarchici accettarono d’entrare a far parte del Governo centrale, oltre che in quello regionale della Catalogna, illudendosi così di poter salvaguardare l’esistenza delle milizie volontarie.

In realtà al loro interno convivevano diverse sensibilità circa la gravità del momento. Mentre i dirigenti nazionali proponevano compromessi che fatalmente si trasformavano in una loro ulteriore sconfitta, i volontari, specie quelli italiani, difendevano a oltranza la loro specificità, rifiutandosi di sottomettersi al potere centrale.
Altre organizzazioni spagnole si collocarono su posizioni d’opposizione rispetto a quelle sostenute dalla stessa Fai. Ricordiamo il quotidiano Acracia di Lerida, diretto da José Peirats; la rivista Ideas e le organizzazioni giovanili libertarie con il loro organo di stampa Ruta; il gruppo Los Amigos de Durruti con il giornale El Amigo del Pueblo. I loro capi rispondevano al nome di Jaime Balins, Carrenò, Pablo Ruiz, Eleuterio Ruig. Tra i gruppi anarchici che resistettero più a lungo alla militarizzazione ci fu la Colonna de Hierro, forte di circa 3.000 membri. Solo nel marzo del 1937 nel corso dell’Assemblea generale questa accettò di militarizzarsi e divenne l’83a Brigata dell’esercito regolare.
Su ordine di Stalin si andava intanto sviluppando e perfezionando il piano per la liquidazione del Poum, accusato d’essere una forza politica di ispirazione trotzkista.
Carlo Roncoli nell’articolo Nemici del Popolo, apparso su il Grido del Popolo del 7 marzo 1937, scriveva a proposito del Poum che “i trotzkisti devono essere posti, anche con delle misure di repressione, nella impossibilità di proseguire la loro opera delittuosa”. La Pravda dal canto suo il 22 marzo 1937 attaccava il giornale anarchico Solidaridad Obrera, reo di aver riportato nel suo numero del 6 marzo “un oltraggioso attacco contro la stampa sovietica. Questa vergognosa difesa dei traditori trotzkisti, proviene da quegli elementi che si sono subdolamente infiltrati nei ranghi dell’organizzazione anarco-sindacalista”.
Ancora il 1 maggio 1937 l’Internazionale Comunista lanciava un appello a tutti i lavoratori con un preciso e minaccioso riferimento alla situazione spagnola: “Scacciate dalle vostre file quegli agenti del fascismo che sono i trotzkisti, i peggiori nemici dell’unità della classe operaia, i disgregatori e i sabotatori di guerra, spie camuffate della Quinta Colonna del generale Franco”.
Da tempo in diversi centri della Spagna repubblicana si andavano moltiplicando fatti sanguinosi, la cui dinamica era destinata a rimanere il più delle volte oscura. Furono sospesi uno dietro l’altro i quotidiani Cnt di Madrid, Nosostros di Valenza, Cnt di Bilbao e Castille libre. A fine gennaio ‘37 si svolse il congresso dei lavoratori della terra dell’Ugt. Sulla tribuna, a testimonianza del profondo dissenso politico con gli anarchici, campeggiava un cartellone con la scritta “Meno esperimenti collettivisti e più prodotti”.
Il 4 marzo un decreto del consigliere catalano all’ordine pubblico dichiarò sciolte le pattuglie di controllo (squadre di proletari armati responsabili dell’ordine pubblico) e proibì ai poliziotti regolari d’iscriversi a partiti o sindacati. Anche tale decisione, come è evidente, procurò scontri tra le opposte fazioni e non contribuì certo a riportare la pace tra i contendenti.

Dopo gli scontri di Puigcerdá e a Figueras, un episodio ben più grave scosse gli animi: il 25 aprile venne misteriosamente assassinato a Molina de Llobregat il dirigente della Ugt, Roldan Cortada. Il Psuc denunciò quali responsabili gli incontrollabili anarchici e gli agenti fascisti, nascosti a suo dire nella Cnt e nella Fai. La Cnt, per parte sua, condannò l’assassinio e pretese un’inchiesta ufficiale. Gli anarchici arrestati perché considerati colpevoli dell’assassinio vennero rilasciati il 30 aprile. Due giorni dopo la morte di Cortada, tuttavia, vicino a Puigardé, tre militanti anarchici furono trovati uccisi. Anche le trattative avviate tra Cnt e Ugt per una celebrazione unitaria del 1 maggio fallirono e Barcellona non vide alcuna manifestazione.
In tutto questo quadro complicato emerse con forza la personalità, il pensiero e la vicenda umana di Camillo Berneri, l’anarchico italiano più noto e stimato in terra di Spagna.


Berneri era giunto in Spagna a metà luglio del 1936 e si era subito messo al lavoro per dare vita, in accordo con la Cnt-Fai, a una formazione combattentistica di volontari italiani. Con l’aiuto di Carlo Rosselli e Mario Angeloni il 17 agosto costituì la sezione italiana mista della Colonna Francisco Ascaso della Cnt-Fai, detta più semplicemente Colonna italiana.
Essa era formata in larga misura da volontari anarchici, da qualche repubblicano, da esponenti giellisti e da pochi comunisti.
Il battesimo del fuoco, avvenuto sulle montagne nei pressi di Huesca, fu contrassegnato da gravi perdite e numerose prove d’eroismo.
In sostituzione del comandante Angeloni, che trovò la morte nei primi combattimenti, fu designato Carlo Rosselli, mentre Berneri assunse il ruolo di commissario politico della formazione. Egli era la voce degli anarchici italiani e rappresentava la coscienza critica del fronte antifascista spagnolo. Da radio Cnt-Fai di Barcellona e dalle colonne del suo giornale Guerra di Classe divulgava le sue convinzioni politiche circa la conduzione della guerra, sollecitava maggiore coerenza da parte della Fai, denunciava i pericoli di involuzione autoritaria, attaccando frontalmente il settarismo comunista e le ingerenze sovietiche in Spagna.
Tutta la sua vita stava d’altra parte a testimoniare la sua irriducibile coerenza rivoluzionaria e la sua indipendenza culturale. Nel 1926 aveva abbandonato l’Italia per la Francia, divenendo ben presto, grazie alle ripetute espulsioni da quasi tutti i paesi europei, l’antifascista più espulso d’Europa, ma anche uno dei più stimati esponenti dell’anarchismo internazionale.

Laureato, giornalista, saggista era considerato l’interlocutore politico di riferimento in campo anarchico da parte dei massimi esponenti dell’antifascismo internazionale. Gaetano Salvemini, i fratelli Rosselli, i socialisti Pertini e Nenni, il repubblicano Montasini e molti altri lo ebbero come amico fraterno e insostituibile compagno di lotta.
L’originalità del suo anarchismo, lui stesso ebbe a definirsi un anarchico “sui generis”, che si sforzava di attualizzare i principi anarchici, liberandoli dai troppi vecchi e superati stereotipi ideologici, lo portò ad affrontare in termini nuovi i grandi temi legati alla complessità della società moderna: l’antiautoritarismo, il federalismo, l’antimilitarismo, l’anticlericalismo, l’organizzazione del lavoro, l’educazione scolastica e la psicanalisi.
La sua prima esperienza politica si era svolta, fino al 1916, nell’ambito della Fgs di Reggio Emilia, alla scuola dell’umanesimo socialista di Camillo Prampolini. Dal suo primo maestro ereditò il rigore morale e una acuta sensibilità per l’azione politica volta a un più accentuato pragmatismo sociale.
Anche molti anni dopo ricorderà con affetto il maestro che, nell’ora del distacco, ebbe per lui parole di comprensione e di rispetto.
Da quel momento e per tutta la sua breve vita, era nato a Lodi il 20 maggio 1897, Camillo Berneri spese ogni sua energia al servizio della causa libertaria: fondò testate giornalistiche, pubblicò libri, promosse convegni, organizzò l’attività politica in Italia e all’estero, rivisitò e sistemò il pensiero anarchico.
Gli insegnamenti di Gaetano Salvemini, Carlo Cattaneo, Pietro Gobetti, Camillo Prampolini, Errico Malatesta e Luigi Fabbri furono da lui rielaborati fino a farne i presupposti del suo moderno anarchismo.
Fu dunque con questa fama di fine intellettuale, ma anche di deciso uomo d’azione che egli giunse in Spagna nel luglio del 1936. I maggiori esponenti della Fai iberica Durruti, Oliver, Ascaso, De Santillan lo avevano già conosciuto anni prima in Francia quando, con altri anarchici fuoriusciti, avevano cercato di dare vita a un Fronte Antifascista Internazionale.

Il suo arrivo a Barcellona fu quindi accolto con gioia da tutta la Fai e dal suo sindacato Cnt. Tutti compresero l’importanza d’averlo al loro fianco, proprio quando, oltre all’azione militare, c’era la necessità di comprendere meglio ciò che stava accadendo, le reali intenzioni delle forze in campo, gli interessi interni e quelli internazionali che si stavano fronteggiando.
E l’analisi di Berneri non si fece attendere.
Fra gli atti più importanti compiuti in quei giorni vi è certamente la lettera da lui scritta alla compagna e ministro del governo centrale Federica Montseny nella quale tra l’altro affermava:

“Nel tuo discorso del 3 gennaio, tu dicesti: ‘Gli anarchici sono entrati nel governo per impedire che la rivoluzione deviasse e per continuarla al di là della guerra ed altresì per opporsi ad ogni eventuale tentativo dittatoriale, quale che sia’.
Ebbene, compagna, nell’aprile, dopo tre mesi di esperienze collaborazioniste, siamo in una situazione nella quale avvengono gravi fatti e se ne profilano altri peggiori…Il governo è in Valenza, e di là partono reparti di guardie d’assalto destinati a disarmare nuclei rivoluzionari di difesa….Questo mentre è evidente una politica di distribuzione di armi tendente a non armare che lo stretto indispensabile il fronte d’Aragona, scorta armata della collettivizzazione agraria e contrafforte del Conseyo d’Aragon, della Catalogna, l’Ukraina iberica. Tu sei in un governo che ha offerto alla Francia e all’Inghilterra vantaggi al Marocco, mentre dal luglio 1936 sarebbe stato necessario proclamare ufficialmente l’autonomia politica marocchina….
Voi, anarchici ministri, tenete dei discorsi eloquenti e scrivete degli articoli brillanti, ma non è con questi discorsi e con questi articoli che si vince la guerra e si difende la rivoluzione. Quella si vince e questa si difende permettendo il passaggio dalla difensiva all’offensiva. La strategia di posizione non può eternizzarsi…
Noi assistiamo alla penetrazione nei quadri direttivi dell’esercito popolare di elementi equivoci, non garantiti da alcuna organizzazione politica e sindacale. I comitati e i delegati politici delle milizie esercitavano un salutare controllo, oggi indebolito dal prevalere di sistemi di assunzione e di promozione centralisti e strettamente militari…
Gravissimo errore è stato quello di accettare delle formule autoritarie, non perché queste fossero formalmente tali ma perché esse racchiudevano errori enormi e scopi politici che nulla hanno a che fare con le necessità della guerra… Credo sia giunta l’ora di costituire l’esercito confederale, come il partito socialista ha creato un proprio esercito: il 5° reggimento delle M.P. Credo sia giunta l’ora di risolvere il problema del comando unico realizzando un’effettiva unità di comando che permetta di passare all’offensiva sul fronte aragonese… Io credo che tu debba porti il problema se difendi meglio la rivoluzione, se porti un maggiore contributo alla lotta contro il fascismo partecipando al governo o se saresti infinitamente più utile portando la fiamma della tua magnifica parola tra i combattenti e nelle retrovie… Bisogna parlare alle masse… Chiamarle a giudicare se certe sabotatrici manovre annonarie non rientrano nel piano annunciato il 17 dicembre 1936 dalla Pravda: ‘In quanto alla Catalogna è cominciata la pulizia degli elementi trotzkisti e anarco-sindacalisti, opera che sarà condotta con la stessa energia con la quale la si condusse nell’Urss’ …
Il dilemma è uno solo: o la vittoria su Franco mediante la guerra rivoluzionaria o la sconfitta.
Il problema per te e per gli altri compagni, è di scegliere tra la Versailles di Thiers e la Parigi della Comune, prima che Thiers e Bismark facciano l’union sacrée. A te la risposta, poiché tu sei la ‘fiaccola sotto il moggio’.
Fraternamente. C.B.” [2]

Un altro significativo e provocatorio articolo fu steso da Berneri per L’Adunata dei Refrattari con lo scopo di difendere il Poum dagli attacchi degli stalinisti. Anche quell’articolo non contribuì certo a procurargli simpatie da parte comunista, che non smise di seguire con attenzione crescente la sua attività. In quell’occasione affermò:

“Seguendo le istruzioni del governo dell’Urss, la stampa della Terza Internazionale ha scatenato e continua a scatenare una violenta campagna contro il Poum… Tale campagna è di una tendenziosità e di una violenza inaudite. Il giornalista bolscevico Mihail Roltsov accusa, in blocco, i militi del Poum di essere dei vili e si compiace nel riferire che ‘i distaccamenti del Poum delle brigate internazionali sono stati disciolti e i loro comandanti cacciati dal fronte di Madrid’.
È Mosca che ha impedito alla Spagna antifascista di ospitare Trotzki, ha opposto il veto all’entrata della rappresentanza del Poum nella Giunta di Difesa di Madrid e nel Consiglio della Generalidad di Catalogna… Contro le mire egemoniche e le manovre oblique del Psuc noi dobbiamo instancabilmente ed energicamente affermare l’utilità della libera concorrenza politica in seno agli organismi sindacali e l’assoluta necessità dell’unità di azione antifascista. Bisogna dire ben altro che chiunque insulta il Poum e ne chiede la soppressione è un sabotatore della lotta antifascista che non va tollerato. Questa presa di posizione, oltre che aderire alle necessità della grave ora e rispondere allo spirito dell’anarchismo, costituisce la migliore profilassi contro la dittatura controrivoluzionaria che vieppiù si profila nel programma di restaurazione democratica del Psuc e nella disgiunzione tra rivoluzione e guerra di alcuni rivoluzionari miopi e disorientati”. [3]

L’attività politica di Berneri andava contemporaneamente in diverse direzioni. Egli affrontò infatti quasi tutti i temi al centro del dibattito tra le forze impegnate in Spagna e si sforzò di chiarire quelli che a suo avviso costituivano i terreni di confronto più significativi. Possiamo in ogni caso e per comodità espositiva dire che Berneri si occupò prevalentemente di tre temi:
1. Lo studio degli incartamenti attestanti la preparazione fascista dell’invasione della Spagna, attraverso la conquista delle Baleari;
2. La sorveglianza delle attività clandestine delle spie fasciste e della Quinta Colonna;
3. L’attività di propaganda a mezzo radio e giornale delle sue idee e della reale situazione della guerra.
Con tutta probabilità furono proprio questi argomenti e quelli già riportati a segnalarlo quale pericoloso rivoluzionario e a far sì che la polizia comunista lo sorvegliasse molto da vicino, fino a decretarne la fine nel mese di maggio del 1937.

di Fabrizio Montanari
(pubblicato su 24emilia.com)

Abbreviazioni
P.S.U.C. – Partido Socialista Unificado de Cataluña
P.O.U.M. – Partido Obrero de Unificación Marxista
U.G.T. – Unión General del Trabajo
P.C.E. – Partido comunista Espagnol
C.N.T. – Confederación Nacional del Trabajo
F.A.I. – Federazione anarchica iberica
G.P.U. – Polizia segreta sovietica
[1] Antonio Ovscenko: aveva guidato l’assalto al Palazzo d’Inverno. Sbarcò a Barcellona il 1° ottobre 1936.
[2] Lettera aperta alla compagna Federica Montseny in Guerra di Classe, Barcellona, a. II, n.12 del 14 aprile 1937.
[3] Pubblicato sotto il titolo Noi e il Poum su L’Adunata dei Refrattari (New York) del 1 e dell’8 maggio 1937.

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