
Munsingen, 16 Luglio 1944: Mussolini consegna le bandiere di combattimento ai battaglioni della Divisione Alpina Monterosa
Nei raduni degli alpini sfilano ogni anno i vari reparti con le rispettive bandiere e, insieme alle penne nere che fecero la Resistenza, sfilano dal 2001 anche i reduci della Monterosa, protagonista della repressione antipartigiana in Garfagnana, sulle Alpi occidentali e sul confine orientale. La Divisione alpina “Monterosa” inizialmente non fu riconosciuta ufficialmente nei raduni degli ex-alpini; pertanto coloro che avevano combattuto unicamente in questa formazione, secondo l’ANA, non potevavo fregiarsi del titolo di alpini. Ma che succede nel 2001? Il 27 maggio l’assemblea dell’Associazione Nazionale Alpini (A.N.A.) decise di annullare questa discriminazione che, secondo i delegati, era di carattere soprattutto politico, approvando una delibera che diceva così: “L’Assemblea dei Delegati, preso atto e confermata la validità di tutto quanto precedentemente deliberato in merito alla Divisione Monterosa e altri simili della Repubblica Sociale Italiana, dichiara e riconosce che tutti i giovani che hanno prestato servizio militare in un reparto Alpino, in qualsiasi momento della storia d’Italia, e quindi anche dal 1943 al 1945, poiché hanno adempiuto il comune dovere verso la patria, siano considerati Alpini d’Italia.”
“Il comune dovere verso la patria”…di quale patria si parla nella delibera dell’ANA, visto che la Monterosa, addestrata in terra germanica era direttamente agli ordini dei nazisti occupanti? Evidentemente basta essere alpini, aver messo il cappello con la piuma e ogni nefandezza viene dimenticata, visto che nei documenti che parlano del corpo si trovano perle come questa:
“Al nord Mussolini, sostenuto dai tedeschi, in settembre fondava la Repubblica Sociale Italiana per continuare la guerra a fianco dei tedeschi. Nell’aprile del 1944, la Repubblica di Salò costituì la Divisione “Monterosa” che inquadrava il 1°, 2° e 4° Reggimento Alpini. Anche in quei reparti numerosi furono gli atti di valore compiuti in nome di un ideale”. (http://www.alpini-cuneense.it/)
O come questa:
“La Repubblica Sociale Italiana, nel gennaio 1944, costituì ed addestrò in Germania la Divisione Alpina Monterosa che fu impiegata contro gli alleati sulle Alpi Occidentali e sull’Appennino tosco-emiliano. La R.S.I. mobilitò anche il 4° Reggimento Alpini ed alcuni reparti alpini autonomi tra i quali ricordiamo il Reggimento Tagliamento che combattè, agli ordini dei tedeschi, sui confini orientali d’Italia ed impedì ai partigiani jugoslavi di occupare di fatto alcune parti delle province italiane del Friuli e della Venezia-Giulia”. (Ana Valsugana, opuscolo in occasione del cinquantenario della fondazione)

Rastrellamento del I° Polizeiregiment SS Bozen in collaborazione con alcuni reparti della divisione alpina Monterosa a Chersano in Istria nell’estate del 1944
La Monterosa ha svolto un ruolo importante nella guerra antipartigiana e in alcune zone è diventata tristemente famosa per gli eccidi compiuti e il sadismo di alcuni suoi ufficiali, come il tristemente noto tenente Pavan (Adriano Adami, di Perugia), il torturatore dei partigiani della Valle Varaita. Il 6 marzo del 1945, al Santuario di Valmala, nove partigiani appartenenti alle formazioni garibaldine vennero barbaramente giustiziati dagli Alpini della Divisione Monterosa.
Il primo febbraio del 1945, a Cogna di Piazza al Serchio, dopo l’uccisione di un soldato della Monterosa, vengono fucilati per rappresaglia dagli alpini della stessa divisione sei prigionieri politici rinchiusi nelle carceri di Camporgiano; Tardelli Adriano di Capanne di Careggine, detto “Baionetta” incoraggia i compagni, e dice tra l’altro “Hanno ragione di fucilarci, noi amiamo la libertà”. Il parroco del paese, Don Bruno Spinetti, al passaggio dei condannati aveva detto: “Ecco che cosa fanno i soldati della Repubblica”, e per questo fu costretto ad assistere alla fucilazione.
Il 13 agosto del 1944 gli alpini della Monterosa, insieme ai militi delle Brigate Nere e ad alcune truppe tedesche occupano il paese di Barbagelata dandolo alle fiamme e massacrando tre civili del posto, rei probabilmente, di aver opposto resistenza.
Il 29 agosto del 1944, il partigiano della Brigata Berto, Mario Pagliughi, attraversa la strada Rezzoaglio – Boschi per oltrepassare il fiume Aveto e così sfuggire al rastrellamento in atto. Viene individuato e colpito da Alpini della Monterosa. Finito con il calcio del fucile, il corpo viene gettato in una scarpata e ricoperto di pietre.
Il 26 gennaio 1945 in Valgrisenza una colonna di addetti trasporto di materiale militare veniva travolta da una valanga. Rimanevano sepolti 33 civili e due militari. Il reclutamento e lo sfruttamento degli operai in attività paramilitari in favore delle truppe nazifasciste è l’essenza e uno dei motivi della tragedia dovuto alla irresponsabilità dei vertici della divisione alpini della Monterosa e del Comando tedesco di zona.
Sin da subito le autorità fasciste e naziste presentarono all’opinione pubblica la missione – costrizione e lavoro coatto per gli operai – come un tributo alla causa della guerra e della Patria in cui la fatalità, la non prorogabilità della missione e il presunto spirito di dedizione e di sacrificio degli operai inquadrati nel “Battaglione lavoratori” addetti alle corvées di rifornimento viveri e munizioni degli alpini di stanza sulla linea di confine, erano le giustificazioni di un servizio che doveva essere compiuto ad ogni costo, anche se è noto che i valligiani, uomini esperti di montagna, avevano assolutamente sconsigliato l’ascensione.
Gli operai – come riporta la relazione della commissione d’inchiesta istituita nel dopoguerra – “sono senza scarpe adatte […] non hanno dotazione di calze, di guantoni, di passa-montagna, di occhiali da neve (…). A conferma dell’insufficiente equipaggiamento si fa presente che gli operai tagliano delle scurisce di panno sia ai cappotti che alle mantelline per farsi delle fasce per chiudersi le scarpe.”
La neve che cadeva da giorni, le oscillazioni di temperatura che facilitavano il formarsi di slavine e la forte tormenta della mattina del 26 gennaio, erano cause sicure e premonitrici della tragedia che poi si produsse. Dalle inchieste emergerà che il servizio non era di assoluta urgenza in quanto le truppe in postazione al colle avevano “viveri ordinari fino al 29 e viveri di riserva per altri 20 giorni.”
Ci fu anche un processo e una condanna a morte eseguita di un graduato della Monterosa: il caso del Capitano Italo Simonitti (uccise personalmente a sangue freddo un pilota americano), assieme a quello del Generale Bellomo (condannato e giustiziato per aver fatto uccidere un militare inglese che tentava la fuga), costituisce uno dei rari esempi di condanne capitali comminate dai tribunali militari alleati a guerra finita.
Per approfondire:
http://www.prolocopiazzaalserchio.it/territorio/monumenti-e-luoghi/39-1-febbraio-1945-eccidio-di-cogna
http://valledaosta.anpi.it/2011/07/
http://progettolineagotica.blogspot.it/2009/05/il-processo-simonitti-di-davide-del.html
Parlando dei “simpatici alpini”, ci sarebbe anche il massacro di Ustje…
http://www2.arnes.si/~ljeimv11/e8aug.html
Grazie, il fatto lo conoscevo ma questo era un articolo solo sulla Monterosa, sicuramente ne farò altri sui “simpatici” alpini e anche su altri corpi particolarmente vicini all’immaginario buonista degli italiani.