L’armata s’agapò: repressione e censura nell’Italia del dopoguerra

Guido Aristarco e Renzo Renzi

Guido Aristarco e Renzo Renzi

Furono gli organi del Sifar (servizio segreto militare) ad allestire la spregevole operazione che condusse alla privazione della libertà personale di due esponenti della cultura cinematografica nel 1953. All’operazione si unì l’Ufficio Affari Riservati del Viminale. All’operazione il giudice istruttore di Venezia, Carlo Mastelloni, fornisce questa nuova lettura della vicenda che portò in carcere il cineasta bolognese Renzo Renzi e il direttore della rivista Cinema Nuovo, Guido Aristarco, per “L’Armata s’agapò”: una proposta di film sulla guerra fascista in Grecia. Il canovaccio fu l’occasione per processare – davanti all’autorità militare e non civile – due intellettuali accusati di attività antinazionale, pertanto, di conseguenza, comunista. Le prove sono venute fuori dagli scatoloni custoditi nel magazzino segreto del Viminale in Via Appia e allegate, in parte, all’istruttoria veneziana di Mastelloni su Argo 16, l’aereo precipitato (fatto cadere) a Marghera, nel novembre 1973. Li abbiamo recuperati con la collaborazione preziosa degli esperti di settore, Gianni Cipriani e Gianni Flamini, e li proponiamo ai nostri lettori a cinquant’anni dall’evento.

I documenti segreti
È il 6 marzo 1952, diciotto mesi prima degli arresti, e il Questore di Nuoro contatta gli Affari Riservati, struttura occulta di polizia politica, per avvertire che il critico cinematografico Guido Aristarco ha presentato in Sardegna un film cecoslovacco su lotte proletarie attuate anche “attraverso conflitti con la forza pubblica”. Si tratta di manifesta “propaganda socialcomunista” che richiede la “cauta vigilanza del caso”. Non passa dunque inosservata la pubblicazione su Cinema Nuovo, rivista diretta proprio da Aristarco, della proposta di film (L ‘armata s’agapò) fatta da Renzo Renzi, bolognese, “politicamente orientato- indagano i Servizi – verso i partiti dell’estrema sinistra” e critico cinematografico del “soppresso quotidiano comunista Progresso d’Italia”. S’inizia dunque la repressione montata sull’asserita rilevanza internazionale assunta dalla vicenda per un articolo pubblicato il 27 febbraio 1953 dal giornale greco Acropoli. L’assunto che “i soldati di Mussolini si dedicavano soprattutto all’amore con le donne greche (s’ agapò – l’Armata s agapo – significa in greco “Ti amo”) ha prodotto, secondo un appunto segreto al Viminale, “grande impressione nei circoli politici di quella Capitale e fra quella colonia italiana”. L’Addetto militare alla nostra Ambasciata di Atene invia un rapporto riservato. “Gli organi informativi (leggi Servizi segreti militari) si incaricano di “segnalare il fatto alle Autorità militari interessate”. La denuncia dunque non parte da un “cittadino indignato”, come si lasciò intendere allora, ma fu sollecitata dal Sifar, come evidenziano i documenti di oggi.
La Procura militare di Milano (competente per territorio sulla base del luogo di pubblicazione dello scritto incriminato) comincia l’istruttoria il 2 aprile e la protrae per cinque mesi senza che gli inquisiti sappiano alcunché.Il Ministro di Grazia e Giustizia concede l’autorizzazione a procedere.
Il 5 settembre il Questore di Milano scrive al capo della polizia, Tommaso Pavone, per informarlo “in via personale, stante la riservatezza” che, secondo fonti confidenziali, la Procura militare di Milano sta contestando “reati militari commessi a mezzo stampa” per i quali “ sarebbero pure in corso ordini di cattura”. Si tratta di un intervento repressivo forse più consistente di quello che sarà attuato pochi giorni dopo in quanto il Questore di Milano indica fra i possibili catturandi non solo Aristarco ma anche (per altri episodi da connettere) Davide Lajolo, direttore dell’unità e Corrado De Vita, direttore di Milano sera, quotidiano fondato nel capoluogo lombardo per raccogliere consensi nell’area di sinistra. Alla stretta finale però (forse per timore di una ripercussione politica troppo forte) rimangono nella rete i soli Renzi ed Aristarco in nome dell’unica e più “popolare” tutela del prestigio dell’Esercito che proprio fra la fine d’agosto e i primi di settembre, viene schierato sul fronte orientale, jugoslavo, in nome dell’italianità di Trieste.
Il 17 settembre 1953 (una settimana dopo gli arresti) l’appunto redatto sul caso da un funzionario del Ministero degli Interni porta la dicitura “Segreto” e la sigla “Z” riservata ai sovversivi di sinistra Tale classificazione giustifica pertanto il controllo politico anche di coloro che solidarizzano con gli imputati. Un rapporto da Napoli segnala che il professor Renato Caccioppoli ha parlato in favore di Renzi e Aristarco ricevendo la solidarietà di Vittorio De Sica e Eduardo De Filippo che hanno dato alla manifestazione “un’intonazione decisamente di sinistra”. Firenze trasmette invece un’informativa sugli interventi dei professori Salvemini e Calamandrei. Tale controllo politico si estenderà su Aristarco almeno fino al 16 febbraio 1966, data di un appunto riservato su un suo viaggio a Cuba.
Per un più dettagliato quadro di riferimento, rileviamo, a questo punto, che il Servizio Informazioni Forze Armate, fu ripristinato nel 1949 con la direzione di Giovanni Carlo Re; passò nel ’51 a Umberto Broccoli, già capo di stato maggiore dell’8A Corpo d’Armata in Grecia; era condotto, all’epoca dei fatti, da Ettore Musco. L’Ufficio Affari Riservati del Viminale era diretto, nel 1953, da Gesualdo Barletta, già responsabile della nona zona, Lazio-Roma, del-l’Ovra, la struttura per la repressione antifascista. Tale dirigente figura fra i propugnatori dell’intenzione operativa di bandire il Pci dopo la scomunica del Sant’Uffizio. Fuori dalla Chiesa, fuori dallo Stato.
L’estromissione della sinistra anche dal mondo intellettuale italiano trovava allora riferimento nel pensiero di Mario Scelba, Ministro dell’Interno dal 1947 al ’53 (per poi diventare Presidente del Consiglio) e ideatore dell’epiteto “culturame” – cultura-strame – per bollare la produzione di pensiero comunista. La cultura di massa dei primi Anni Cinquanta – la tivù nascerà nel’54- è orientata dal cinema, percorso dalla produzione del neorealismo (ad esempio Rossellini e De Sica con Paisà, Roma città aperta, Ladri di biciclette, UmbertoD…) che, con la cruda rappresentazione degli eventi e della società, fornisce un’immagine negativa dell’Italia e del suo Governo. Lotta dunque contro questi “comunisti nel cinema” proprio come sta facendo l’America con la Commissione guidata dal senatore Joseph Mc Carthy che negli anni fra il 1952-53 compila la famosa lista coi 324 nomi che allontana dalla produzione di Hollywood personalità come Chaplin, Wiler, Losey…

Il fatto
Nel febbraio 1953 il numero 4 della rivista quindicinale Cinema Nuovo pubblica una proposta di film di Renzo Renzi sulla guerra in Grecia, alla quale, si noti bene, ha preso parte. Saccheggi, fucilazioni, ma soprattutto vita nei bordelli e conquiste di donne costrette a cedere per fame, ecco, per l’autore, la visione più vera di un conflitto assurdo, non sentito, condotto con passaggi da operetta, nel quale alcuni soldati, mal guidati, diedero sfogo al tipico istinto caratteristico maschile italiano: il gallismo, che portò ad indicare le nostre truppe come l’armata s’agapò che in greco significa ti amo. Un film pacifista e spronante all’autocritica che sollecita valutazioni positive, ma anche negative, espresse da lettere che si possono leggere sui numeri successivi della rivista diretta da Guido Aristarco. Un dibattito culturale sul come trasferire sugli schermi la guerra, fuori dalla retorica. Un gioco politico-intellettuale perché di realizzazione non si parla nemmeno.
Ma sette mesi dopo, ecco gli arresti per vilipendio alle Forze Armate e la traduzione dei catturati alla fortezza di Peschiera, nell’ambito di un procedimento militare condotto nei confronti di due cittadini in borghese sulla base della lettura repressiva del codice militare del 1941, riflesso della concezione fascista dello Stato-caserma con i cittadini abili in mobilitazione permanente.
Nel dibattito alla Costituente era stato proposto di abolire i tribunali militari in tempo di pace ma, alla fine, era stato ritenuto opportuno conservarli (sia pure riformati) per i coscritti. Solo che questo concetto era stato affrettatamente formulato con l’espressione “appartenenti alle Forze Armate”: la stessa che il codice militare d’epoca fascista attribuiva anche ai “militari in congedo non definitivo e quindi soggetti al richiamo alle armi”.
In quest’ambito, Renzi, già sottotenente, e Aristarco, già sergente, entrambi in congedo non definitivo, appartenevano giuridicamente alle Forze Armate e pertanto potevano essere processati dalla giurisdizione militare per un reato previsto non solo dal codice penale ordinario ma anche da quello marziale. E nulla cambiava che l’Esercito asseritamente vilipeso fosse quello di Mussolini e non quello della Repubblica democratica perché, per la Procura militare, la caduta del fascismo non aveva travolto la Patria, che “c’è ora e c’era allora, indipendentemente dalla forma di governo”.
Il dibattito investe il Paese. “Qualunque guerra è sacra perché benedetta dal sangue dei Caduti”. “Solo i nuovi fascisti rifiutano la critica delle guerre fasciste”.
La difesa di Renzi è assunta da Ettore Gallo e Giacomo Delitala, quella di Aristarco da Luigi Degli Occhi e Mario Paggi. L’accusa è sostenuta dal generale di brigata Mario Solinas. Presidente il generale di Brigata Armando Calabrò. Sede del dibattimento Milano. Il processo dura dal 5 all’8 ottobre. La tesi difensiva d’incompetenza militare è respinta. L’accusa chiede 2 anni per Renzi e 8 mesi e 20 giorni per Aristarco. La Corte, dopo quattro ore e mezza di camera di consiglio, infligge a Renzi 7 mesi e 3 giorni di carcere e la rimozione dal grado, ad Aristarco 6 mesi. Per entrambi c’è la condizionale. Hanno fatto comunque un mese di Fortezza.
La polemica divampa sui giornali coinvolgendo grandi firme da Pannunzio a Benedetti, a Montanelli, a Emanuelli, a Brancati.Tre anni dopo, il 23 marzo del 1956, il Parlamento approva una legge che fissa la qualifica di “militare in congedo” come aggravante del reato di vilipendio delle Forze Armate previsto dal codice penale ordinario. Niente più Corte marziale. Trentanove anni dopo, nel 1992, Meditterraneo di Gabriele Salvatores, vince l’Oscar per il miglior film straniero. Quarantatrè anni dopo, il 12 settembre del 1996, muore di Guido Aristarco.

I ricordi di Renzi
“Venga con noi, si tratta di una formalità. Se la sbriga in cinque minuti”. Renzo Renzi ricorda la mattina del 10 settembre 1953 quando, verso le 10,30, due carabinieri, presentatisi a casa sua, lo invitano a seguirli. E’ in partenza per la Bassa – dove deve studiare l’ambientazione di un film -ma non sa dire di no ai militari “così gentili, convincenti, rassicuranti”. Al Comando di Via Pietramellara, la notificazione formale di un ordine di cattura. – Perché ? – Vilipendio delle Forze armate – Chi, io? – Sì, con Aristarco. E questo nome fa riemergere l’ormai disperso ricordo dell’articolo su Cinema Nuovo. Comunque “buio completo” durante i sempre meno comprensibili trasferimenti ai Comandi di Via dei Bersaglieri e di Via Vinazzetti. Alle 14, il “prego, s’accomodi” su un’auto civile con occupanti in borghese anche se “uno ha il mitra”. Viaggio verso il nord in un clima di persistente affabilità . A Verona, un caffè “offerto da loro”. A Peschiera l’ormai svelata destinazione del viaggio.
Lungo un corridoio della Fortezza, la vista, in lontananza, di Aristarco. Lui, già sergente, nel reparto della truppa. “ Io, già sottotenente, in cella singola con attendente”. Privilegi del grado ma ugualmente bugliolo (secchio per i bisogni fisiologici) e luce perennemente accesa (“ Non mi farà chiudere occhio”).
Il giorno dopo, incontro con Aristarco durante l’aria e punto della situazione e decisione di organizzarsi per non cedere alla frustrazione. “Chiedemmo di curare la biblioteca e ci fu concesso”. Così vita quasi da intellettuali anche dietro alle sbarre militari, fra la curiosità degli altri reclusi attratti dal gran parlare che, fuori, si faceva sul caso.
“Fu un periodo paradossale per gli aspetti giudiziario e politico ma anche stimolante per le relazioni umane. Io, ad esempio, m’ interessavo, e prendevo nota, delle espressioni gergali-carcerarie. Con Guido invece scrivevamo agli editori amici perché mandassero libri per arricchire la biblioteca (ne giunsero tanti) e distribuivamo volumi e sentivamo commenti…”.
Poi gli incontri autorizzati con gli amici, fra i quali Visconti assieme agli interpreti di Senso allora in lavorazione a Custoza. Infine la preparazione, con gli avvocati, della linea di difesa”.

Il processo a Milano.
“ Sapevo che l’accusatore Solinas aveva sposato una donna greca, conosciuta durante la guerra, e anche per questo lo sentivo particolarmente ostile. Il mio principale timore era di non commettere errori nel rispondere alle sue domande che intuivo insidiose. Il presidente Calabrò invece mi sembrava abbastanza comprensivo. Ricordo infine la rabbia di un comandante alla deposizione del suo attendente (al quale sarò sempre grado per l’onestà civile e intellettuale) sul frequente cambio delle lenzuola segnate dalle deflorazioni”.
Poi la sentenza. “ Fui anche degradato”.
E, dopo la scarcerazione per la condizionale, il ritorno fra gli amici (“ Quante strette di mano.”) e i familiari (“Com’è sempre stata preoccupata mia madre!.).

Il momento storico
Il periodo fra febbraio e settembre 1953 -coincidente con il caso Renzi/Aristarco- è inizialmente segnato dal duro confronto sulla riforma elettorale, con premio di maggioranza, bollata dall’opposizione come “legge truffa”. La Dc di De Gasperi punta alla stabilità di governo in chiave filoamericana, stimolata in ciò anche dalla nuova ambasciatrice Usa a Roma, Clara Booth Luce. Gli scontri sono in piazza, ma anche in Parlamento. Il presidente del Senato, Ettore Paratore, si dimette. La Legge passa, ma le elezioni del 7 giugno bloccano gli alleati democristiani sotto la soglia del 50 per cento che avrebbe portato il 65 per cento di seggi. E’ la fine politica di De Gasperi, battuto alla Camera col suo ottavo governo e costretto a lasciare il posto a Giuseppe Pella. L’esecutivo De Gasperi 7 (fino alle elezioni del 7 giugno) vede Scelba agli Interni, Zoli a Grazia e Giustizia, Pacciardi alla Difesa, Andreotti sottosegretario alla Presidenza con delega Spettacolo. Il De Gasperi 8 (16-28 luglio) Fan-fani agli Interni, Gonella alla Giustizia (è lui a firmare l’autorizzazione a procedere) , Codacci Pisanelli alla Difesa. Il Pella 1, (17 luglio- 5 gennaio) Fanfani agli Interni, Azara alla Giustizia, Taviani alla Difesa, Andreotti segretario del Consiglio.
Nel febbraio nasce l’Eni che porta alla ribalta Enrico Mattei. Il 5 marzo muore Stalin. In America, Ethel e Julius Rosenberg vanno alla sedia elettrica per spionaggio a favore dell’Urss.
In agosto scoppia la questione Trieste. L’Italia invia unità dell’esercito sul fronte jugoslavo per le ventilate minacce di invasione del Territorio Libero fatte da Tito. Ci sono manifestazioni nazionaliste con morti.
L’ 11 aprile a Tor Vajanica viene trovato sulla spiaggia il corpo senza vita di Wilma Montesi. In maggio quella morte viene legata, sui giornali, al nome di Piero Piccioni, figlio del senatore Attilio, delfino di De Gasperi. Il caso giudiziario – senza condanne, quattro anni dopo – ha rilevanti conseguenze politiche sugli equilibri interni della Dc con l’eliminazione di Piccioni e l’ascesa di Fanfani.

Claudio Santini (dalla rivista “I Portici”)

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