Il reparto – confino dell’Officina Stella Rossa a Torino

L'OSR in Via Peschiera a Torino

L’OSR in Via Peschiera a Torino

La storia delle repressioni e delle provocazioni alla Fiat è la storia di centinaia, di migliaia di operai: comunisti e non comunisti, attivisti di partito, sindacalisti, ex-partigiani, giovani meridionali. È la storia delle loro lotte e delle lotte delle loro famiglie. E’ anche la storia dell’OSR, l’Officina Sussidiaria Ricambi che inizia il 15 dicembre 1952, a Torino, quando la Fiat di Valletta mandò l’elettricista Pietro Baldini a sistemare un piccolo stabilimento, in Via Peschiera, per preparare l’apertura di una nuova officina.
L’apertura della nuova sezione venne spiegata con generici motivi tecnici, ma presto fu chiaro che la direzione non aveva alcun effettivo interesse per l’attrezzatura e la produttività del nuovo stabilimento: la Fiat di Valletta vi destinò 130 lavoratori per motivi politici e sindacali. Erano quasi tutti comunisti, più qualche socialista. Nel gergo aziendale erano stati catalogati come “facinorosi” ed erano tutti attivisti dell’unico sindacato che si opponesse allo strapotere della azienda torinese.
La Fiat, nella lotta contro l’organizzazione operaia, cercava di decapitare il movimento di classe nei suoi stabilimenti concentrando in un vero e proprio ghetto gli attivisti più impegnati, e si preparava ad eliminare tutti coloro che non si fossero piegati alle discriminazioni ed ai soprusi, additandoli ai benpensanti come vagabondi per il minor rendimento dovuto alle pietose condizioni del macchinario.
Erano gli anni più bui della reazione antioperaia, ma quelli dell’O.S.R (ribattezzata dagli operai Officina Stella Rossa) non mollarono, smascherando le manovre del monopolio torinese davanti all’opinione pubblica italiana, tanto che la commissione parlamentare di inchiesta nelle fabbriche visitò l’O.S.R. e parlò con gli operai per una intera giornata. Fallì anche il tentativo di disgregare la compattezza dei lavoratori con l’immissione di una ventina di elementi provocatori, e quando nel dicembre 1957 gli operai furono tutti licenziati e l’officina venne chiusa, perfino il consiglio comunale di Torino, che pure era di maggioranza centrista, condannò all’unanimità il comportamento della Fiat: la tenace resistenza degli operai della O.S.R. aveva reso impossibile a chiunque chiudere gli occhi sul carattere di discriminazione dei licenziamenti.

Questa la testimonianza dell’operaio Cecchetto Giovanni:
«Fui trasferito malgrado svolgessi un lavoro dove le mie capacità tecniche erano necessarie. I licenziamenti delle O.S.R. del 10 dicembre 1957, nei quali io fui compreso
furono inequivocabilmente dei licenziamenti per motivi politici e sindacali. L’O.S.R. era diventata una specie di confino dove la FIAT concentrava gli attivisti della FIOM-CGII. dichiarati indesiderabili dalle direzioni delle varie sezioni di Torino. La maggior parte dei confinati erano operai qualificati e specializzati i quali venivano utilizzati a lavori di manovalanza e quasi sempre per lavori di nessuna necessità».
Cecchetto tiene molto a descrivere questa esperienza e sintetizza nella dichiarazione le caratteristiche e le finalità della nuova officina:
«Le macchine utensili dell’O.S.R. erano antiquate ed alcune addirittura inservibili e furono gli stessi operai confinati a rimetterle in efficienza. Il tutto dimostrava chiaramente che eravamo stati trasferiti non per fare un altro lavoro in un’altra sezione FIAT ma perché ci si voleva togliere dai reparti di produzione dove eravamo a contatto con altri operai. Questa situazione ci diceva che un giorno saremmo stati sicuramente licenziati, cosa che avvenne il 10 settembre 1957. Appena ricevemmo le lettere di licenziamento entrammo in sciopero, si lottò a lungo e duramente, alla fine la direzione trasformò i licenziamenti in sospensione. Ma ben presto questa misura si rivelò per una manovra, infatti il 10 dicembre 1957 fummo nuovamente e definitivamente licenziati».
Dall’Officina Stella Rossa passò anche Emilio Crosciti, Valter Zanoni e Giovanni Pautasso.
Emilio Crosciti, giovanissimo partigiano, attivista sindacale, collettore FIOM e diffusore stampa CGIL, attivista politico del PCI: “ero continuamente sorvegliato e pedinato in ogni mio movimento, subii trasferimento di reparto e di officina, ammonizioni antisindacali finché la FIAT mi licenziò con il pretesto di una scorrettezza nei confronti di un sorvegliante, volendo invece colpire chi era all’avanguardia delle lotte sindacale e degli scioperi indetti dalla FIOM-CGIL”.
Valter Zanoni, classe 1926, già giovane antifascista negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, fu poi partigiano inquadrato nelle SAP dell’Oltrepo Pavese a partire dai giorni seguenti l’8 Settembre 1943. Dopo la fine della guerra tornò a Torino, trovò lavoro alla Fiat e venne trasferito nel reparto-confino delle OSR, per essere poi licenziato.
Giovanni Pautasso, comunista, iscritto al partito dalla fondazione, partigiano, ventotto anni di Fiat. Come tanti compagni, non trova più lavoro; cacciato dalla Fiat, tutte le porte gli vengono chiuse. Tiene duro per dieci mesi. Una mattina di ottobre, dopo aver guadagnato cinquecento lire lavorando tutta la notte con i manovali di un circo, si butta in un canale. L’Unità scrive: ‘Malato senza lavoro, con la moglie e il figlio da mantenere, si è lasciato prendere dalla disperazione. Condannato da un tribunale senza giudici’. Il giorno seguente il giornale pubblica una breve lettera: ‘Apprendo con raccapriccio che Giovanni Pautasso si è suicidato. Io che sono stato pure licenziato in tronco dalla FIAT posso comprendere tutta la disperazione che lo ha spinto ad uccidersi’.

In Italia esistono ancora i reparti confino, proprio come nella Fiat degli anni cinquanta, quella di Vittorio Valletta. Sono i reparti in cui vengono relegati, spesso dopo essere stati demansionati, i dipendenti ritenuti “facinorosi”, “ingovernabili”, “ingestibili”. Hanno la forma di palazzine non ristrutturate, o di spogli magazzini, o di uffici fino ad allora disadorni e che tali rimangono. Ai lavoratori “confinati” non è chiesto di produrre, ma di passare le giornate senza fare niente, guardando il soffitto o girandosi i pollici, fino a quando quel lento, prolungato stato di inazione non diventa una forma estrema di violenza contro la propria mente e il proprio corpo. Il confinato vive in una condizione di perenne sospensione in cui la fabbrica finisce per apparirgli come un mondo a parte, che può essere osservato solo attraverso uno spioncino. In breve, il confinato diventa monito per tutti gli altri, per tutti quelli cioè che continuano a lavorare alla catena. Se non ti comporti bene, ecco cosa ti aspetta… Allo stesso tempo, chi è spedito in un reparto confino è costantemente esposto al ricatto di passare dal confinamento al licenziamento, di cadere dalla padella nella brace.
Uno di questi è il reparto-confino dell’interporto di Nola della Fiat, un capannone desolato a venti chilometri dallo stabilimento di Pomigliano d’Arco, totalmente slegato dal cuore della produzione. A partire dalla fine del 2008, qui sono stati trasferiti tutti quegli operai che per militanza sindacale o per “ridotte capacità lavorative” (cioè anche quando malati) non reggevano o non volevano reggere i ritmi della innovazione tecnologica.
Un altro è a Taranto: nel 1997, due anni dopo la privatizzazione dell’Italsider di Taranto, Riva fece confinare nella Palazzina Laf (Laminatoio a freddo) 79 dipendenti che non avevano accettato di essere demansionati da impiegati a operai. Molti di loro erano iscritti al sindacato. Altri no, si sono avvicinati solo in seguito, dopo essere finiti in quello che hanno definito “una specie di manicomio”.

Ornella Bellucci e Danilo Licciardello hanno realizzato un documentario, “Democrazia sconfinata”, in cui provano a individuare le tracce del passato dell’Officina Stella
Rossa nel presente del polo logistico di Nola.

Per approfondire la vicenda dell’Officina Stella Rossa, c’è il libro di Aris Accornero “Fiat confino”, ed. Avanti, 1959.

Sui nuovi reparti confino: http://www.internazionale.it/reportage/2014/10/27/reparti-confino-in-italia-9

http://www.labottegadelbarbieri.org/in-ricordo-di-bianca-guidetti-serra-le-schedature-fiat/

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