Giacomo Coppe “Bocia”

Giacomo Coppe "Bocia"

Giacomo Coppe “Bocia”

26 luglio 2015. Siamo a Pian de le Femene, sul crinale delle Prealpi Bellunesi, il luogo dove nel settembre del 1944 si unirono le Brigate Partigiane “Mazzini” e “Tollot” per raggiungere il Cansiglio, sede della Divisione d’Assalto Garibaldi “Nino Nannetti”. Al Museo-Rifugio intitolato al partigiano Agostino Piol, medaglia d’oro al V. M., si ricorda la pastasciutta antifascista offerta il 25 luglio del 1943 dalla famiglia Cervi per festeggiare la caduta di Mussolini. Presenti i partigiani Nino De Marchi “Rolando” e Giacomo Coppe “Bocia”, assieme a sua moglie Ida Piol.
“Bocia”, classe 1927, ha una storia simile a tanti altri giovani che, dopo l’8 settembre, fecero la scelta giusta diventando partigiani:

“…bisognava fare qualcosa. Forse anche il mio carattere libertario mi portò a reagire contro neofascisti ed occupatori. Già da piccino mi schieravo sempre con i più deboli, non tolleravo l’ingiustizia, la prepotenza. Ed i tedeschi dimostrarono subito una prepotenza inaudita.”

All’inizio fu aggregato al Battaglione “Trentin” che faceva parte della Brigata “Tollot” e poi, dopo i rastrellamenti del settembre del 1944, andò con la Brigata “7° Alpini”. Alla fine della guerra, resosi conto che i partigiani comunisti non avrebbero avuto vita facile,

“Si festeggiava la fine della guerra, si sperava che il peggio fosse finito, che cominciassero i giorni della libertà e della giustizia, cioè degli ideali per cui si era combattuto. Ero ancora un ragazzo, ma ci credevo alla possibilità di cambiare. Non fu così. Poco tempo dopo la liberazione, un gruppo di militari “regolari”, spinti dalle autorità alleate che obbligavano alla consegna delle armi, circondò la mia casa. Neppure durante l’occupazione tedesca era accaduta una cosa del genere. Davvero un’umiliazione! Ci consideravano già individui pericolosi.”

e anche cercare un semplice lavoro sarebbe stato un ostacolo insormontabile, decise di emigrare:

“Tentai d’impiegarmi in provincia, ma non c’era assolutamente nulla per un giovane come me, partigiano e per di più comunista. L’unica prospettiva era quella di emigrare, come era toccato ad altri giovani prima di me.”

Emigrò prima in Belgio e poi in Argentina dove fu raggiunto dalla moglie Ida. Dall’Argentina dovette scappare nel 1971 con la moglie e i due figli, per l’avvento della dittatura. Si stabilì a Limana (BL) e ripensando alla sua vita così conclude il suo racconto:

“Ora sono in pensione. Purtroppo non vedo ancora un futuro come mi aveva fatto sperare l’esperienza partigiana. Non è che pretenda chissà cosa, ma almeno che non siano calpestati gli ideali di giustizia sociale e di libertà. Non mi pento di essere stato partigiano. Se occorresse, per la nostra gente e per ridare dignità all’Italia, lo rifarei di nuovo.”

Questo è il testo integrale dell’intervista che Ferruccio Vendramin fece a Giacomo e a Ida nel settembre del 2002:

Ida Piol e Giacomo

Ida Piol e Giacomo

8 marzo 2015: commemorazione del Bosco delle Castagne

8 marzo 2015: commemorazione del Bosco delle Castagne

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